Ciao, sono Peppe, e non vado mai in vacanza al mare. Però per questa newsletter le vacanze me le prendo lo stesso, come fanno tutti ad agosto, perché mi piacciono i clichè… o più che altro perché a nessuno piace sbattersi a scrivere con il rischio che non ti legga nessuno perché stanno, come si dice dalle mie parti, con le pacche nell’acqua (e giustamente, direi pure).
E allora, invece di divagare ad muzzum su cose che non hanno a che vedere con la pizza come ho fatto la settimana scorsa, ti confeziono un bell’almanacco di letture da sfogliare sotto l’ombrellone. Avendo infatti saltato la lezione delle letture consigliate per un mesetto buono ho raccolto una serie di bei pezzi interessanti che ti terranno a bada per un bel po’. Stessa cosa dicasi per le news che, ok, a distanza di un mese magari tanto più nuove non sono, ma se te le eri perse sortiscono lo stesso effetto. E ci tengono comunque aggiornati su quello che succede nel variegato mondo della pizza, che si conferma sempre più inaspettato. Prima, però, una piccola polemica d’apertura, che fanno sembre bene all’audience e non mancano mai in queste newsletter gastronomiche.
Questa newsletter è bella lunga. Leggitela con calma, magari a puntate, che di link ne hai in abbondanza (ah, e fallo su browser o sull’app di Substack, che via email probabilmente sarà stata troncata). Noi ci vediamo fra un paio di settimane, o comunque quando mi va di ritornare. Ma, prima di salutarci, solita call to action.
IGNORARE NON SEMPRE È UN BENE
Ricevo quotidianamente la newsletter del Gambero Rosso. Se da un lato la ritengo una buona fonte di informazioni su notizie e trend del mondo gastronomico, dall’altro sto imparando sempre più a detestare l’approccio di questa testata, che fa di tutto per mantenere una certa aria di superiorità e autorevolezza, ma che a me sembra pervasa da un vecchiume che la identifica proprio nello spirito. Tutto mi sa di vecchio: l’impianto grafico, i contenuti video, i titoloni a effetto, ma anche il pensiero di certi autori. E non ci faccio certo bella figura a scriverlo, che denigrare il lavoro degli altri non è mai elegante. E soprattutto da quale pulpito: cioè, loro sono il Gambero e io non sono un ca…
Se non fosse che mi ha particolarmente infastidito un passaggio di questo articolo. Si parte da una notizia abbastanza innocente, ovvero un Pizza Hut in Malesia che realizza una pizza con salsa di Coca-Cola, e si continua tirando giù un parallelo con gli esperimenti di pizza casalinghi effettuati in pandemia.
Il passaggio che me le ha fatte girare è il seguente:
Nel 2020, nei mesi di reclusione, siamo tutti stati un po’ panificatori. […] Durante questo surreale momento nella nostra vita, c’è chi ha sperimentato, e chi ha approfittato. Sfruttando le qualità terapeutiche dell’arte bianca, c’è una compagine di creator digitali che ha trovato anche il modo di fare due spicci mettendo online ricette (clickbait o meno) per tutti noi con le mani infarinate.
In quel periodo ho conosciuto molti di questi creator, e ne ho apprezzato non solo la bravura, ma anche l’entusiasmo. In un frangente così difficile la passione e lo spirito di condivisione che hanno animato queste persone ha arricchito una community che ha salvato molti - me compreso - da solitudine e depressione. Per cui faccio davvero fatica a tollerare l’atteggiamento pariolino di chi vuole ridurli ad “approfittatori che tiravano su due spicci con ricette clickbait”. E forse la mia è una forzatura di interpretazione, ma la scelta di parole mi sembra sufficientemente ambigua per categorizzare il commento come passivo-aggressivo. A parte che leggere di clickbait su un articolo del Gambero Rosso mi sembra un emblematico esempio di bue che dice cornuto all’asino (e basta solo guardare il titolo di questo stesso articolo per farsene un’idea)… Ma forse forse che un giudizio di questo tipo sia un tantino in conflitto di interessi su un sito che fa traffico proprio grazie alle sue ricette, di cui molte ospitate nel modello premium a pagamento? Come a dire, “la loro era robetta di improvvisati da quattro soldi, qui vi facciamo pagare la qualità, signora mia”.
Ma quando diciamo che “c’è chi ha approfittato” di che stiamo a parla’? Molti di questi creator digitali vengono proprio dalla ristorazione e si sono in questo modo reinventati un lavoro in seguito alla disoccupazione causata dal periodo pandemico. E con le riaperture hanno capito che era molto più gratificante e remunerativo condividere le proprie competenze e il proprio talento sui social, invece che farsi il mazzo per 18 ore in sala o dietro al bancone, fatturando con un contenuto sponsorizzato l’equivalente di una settimana di lavoro: altro che due spicci!
Per non parlare di chi ha fatto il percorso inverso, e ha voluto addirittura rischiare il tutto per tutto nell’avventura ristorativa. Restando in tema di arte bianca mi basta nominare lo YouTuber Luigi Schifano che ha convertito il successo del suo canale La Pizza Fatta a Mano in una pizzeria a Genova. Un salto che a breve compirà anche il duo Malati di Pizza - Vincenzo Viscusi e Antonio Pascarella - che tra social e tubo macinano milioni di visualizzazioni: potevano adagiarsi su quello, hanno scelto di evolversi.
Parlare male del lavoro degli altri è peccato, ma dietro c’è sempre una motivazione: invito i colleghi ad approfondire meglio i fenomeni, prima di sparare giudizi di massima.
Comunque, visto che ormai l’inferno me lo sono guadagnato, sposto l’attenzione su un altro topos narrativo che mi ha stufato, ma da anni ormai: quello della “scoperta” che in realtà rivela solo scarsa conoscenza. Su Travel + Leisure si parla di una piccola città dove c’è un palazzo che fa concorrenza a Versailles ma che non conosce quasi nessuno, e dove si mangiano alcune delle pizze più buone del mondo. La “piccola città” è Caserta: quasi un milione di abitanti, non so se mi spiego. E il palazzo che “non conosce nessuno” è chiaramente la Reggia: il quarto monumento italiano più visitato nel 2022, Patrimonio Unesco e set di numerose serie tv e pellicole internazionali tra cui la seconda trilogia di Star Wars. La stessa autrice dell’articolo dichiara che viene visitato da 770mila persone l’anno (quindi, chi sarebbe, di preciso, che non lo conosce?).
Per quanto riguarda la pizza di quelle parti sono d’accordo che a oggi sia tra le migliori al mondo. Se non fosse che vengono citati solo i nomi dei due pizzaioli più popolari, di cui uno nemmeno a Caserta, tra l’altro: Francesco Martucci e Franco Pepe. E, con tutto il rispetto per due mostri sacri della pizza, ma la città fortunatamente vanta almeno un’altra dozzina di pizzerie meritevoli. E ha molto di più da offrire delle banalità di un articolo che usa espressioni trite come “under-the-radar” e “off the beaten path”. Certo, a Caserta ci arriva l’alta velocità, ma cosa conta? Ad alcuni food writer che si installano a Roma e che ogni tanto si fanno una gita fuori dal raccordo piace tanto sentirsi come il dottor Livingstone col machete in mano.
Interessante come una certa letteratura gastronomica e di viaggio proveniente da fuori venda ancora l’Italia come un paese antico, romanticamente inarrivabile, quasi un sogno per esploratori. E con un fascino retrò che agli occhi di chi legge sa tanto come di arretrato.
Ti vedo che non sei d’accordo con me: scrivimelo in un commento.
LETTURE INTERESSANTI
Qui e là dal web, ma non solo
Su Cibo Today Massimiliano Tonelli dice la sua sul logo - che poi logo non è - della candidatura della cucina italiana a Patrimonio Unesco e lo definisce, senza mezzi termini, imbarazzate. E fa notare come, tra tutti gli stereotipi mescolati non tanto metaforicamente nel calderone dell’illustrazione, la pizza venga rappresentata nella maniera meno italiana possibile: con delle fette di pepperoni sopra!
Sempre su Cibo Today Carolina Pozzi ci racconta del forno Tilde di Treviglio, dove la titolare Marisol Malatesta organizza anche mostre d’arte.
Si parla ancora d’arte: su ReWriters Marianna D’Ovidio ci mostra l’opera di Giulia Crispiani, con le lettere d’artista nei cartoni della pizza.
Su Grub Street Tommie Teclemaria si lamenta della pervasività della burrata in tutte le cucine newyorchesi, prendendosela anche con quelli di Unregular Pizza (se non sai chi sono, ascolta la puntata di Che Pizza - Il podcast con Gabriele Lamonaca qui sotto). L’articolo a mio parere ha dei toni un po’ snob, tipici di un critico gastronomico della grande mela. Però non si può dargli tutti i torni: la burrata ha decisamente rotto. Solo che noi qui in Italia ce ne siamo accorti anni fa.
Su Bloomberg Kat Odell ci racconta di come la pizza tavern-style, ovvero quella strasottile e croccante, stia diventando un trend sempre più popolare negli Stati Uniti. L’articolo è dietro paywall, per cui ecco un link anche alla versione scopiazzata (loro dicono “ispirata”) su Mint.
Su The Daily Meal Betsy Parks cerca di spiegare cosa determina una pizza New York Style. Ma, anche se fa un piccolo compendio storico e ne elenca alcune caratteristiche, secondo me non ci riesce benissimo, perché ti lascia con molte domande.
Su Mashed Teejay Small vuole invece trovare una differenza netta tra flatbread e pizza, e la individua in una singola caratteristica: i flatbread non contengono lievito. A mio parere non è così semplice perché, a dispetto del nome, i flatbread non sono sempre così piatti, né sono tutti azzimi: anche l’italianissima focaccia è generalmente annoverata tra i flatbread.
Su PMQ Magazine si parla della ricerca della Purdue University per identificare i prodotti alimentari italiani (e non solo) autentici e quelli contraffatti.
Su Pizza Today, la guida di Denise Greer per conoscere tutto sulla pizza Detroit style.
Intanto su Oregon Live Michael Russell si lamenta proprio del fatto che la Detroit style sia ormai diventata onnipresente negli States, e che molte non siano di buona qualità.
Esiste una pizza Colorado style? In realtà no, ma Danny Palumbo su The Takeout ci parla di una piccola catena con sei location chiamata Beau Joe’s dove realizzano un qualcosa che sembra un misto tra una pizza rustica e una Chicago Deep Dish. Ma la fanno solo loro, e quindi questo “stile” resta di nicchia.
Sulla questione della disposizione sui forni a gas di New York di cui abbiamo parlato alcuni numeri fa, ci sono due pezzi decisamente contrapposti. Il primo di Erin Nolan sul New York Times fa un po’ il punto della situazione, mostrando come nonostante le polemiche sollevate la legge non rappresenti certo la morte delle pizzerie. In totale antitesi, un esempio di becero conservatorismo è quello di Steve Forbes pubblicato, per l’appunto, su Forbes (non uso il termine conservatorismo a caso, visto il posizionamento politico del direttore della rivista).
Su Clarín Adriana Santagati ci spiega perché la pizzeria Güerrín, tra le pizzerie storiche di Buenos Aires, è tra i 20 ristoranti più leggendari al mondo (almeno secondo il sito Taste Atlas).
Atlas Obscura ci porta a Seoul, alla scoperta della pizzeria Sky Pizza, che è stata utilizzata come set da Bong Joon-Ho nel suo film Parasite, premio Oscar 2020.
Due articoli che trattano dell’attentato missilistico russo che il 27 giugno ha distrutto una pizzeria di Kramatorsk in Ucraina. Il primo di Anna Brakha su CPJ fa una ricostruzione degli eventi. Il secondo, davvero molto bello, di Héctor Shamis su Infobae analizza il significato sociologico di quel particolare obiettivo.
Lo sai che il 20 agosto, cioè domani, è la giornata dedicata alla pizza Hawaiiana? Ti racconto di questa e altre giornate dedicate alla pizza, e di come nascono, in questo articolo su Garage Pizza.
LA PIZZA FA NOTIZIA
Selezione di news sulla pizza dall’Italia e dal mondo
Il business delle catene 📈
La crescita del gruppo Pizzium è inarrestabile: 12 nuove aperture dall’inizio del 2023, per un totale di 43 pizzerie Pizzium e 6 Crocca. Un aumento del 66% del fatturato con un margine di profitto lordo del 20% rispetto all’anno precedente. E nel frattempo Nanni Arbellini annuncia l'apertura della Farm di Pizzium ad Acerra per settembre.
A fare eco c’è Alice, altro brand in constante cresce, che con il nuovo accordo con Chef Express punta al settore travel con le aperture in vari aeroporti e stazioni (partnership già inaugurata con l’apertura alla Stazione di Porta Garibaldi a Milano e la prossima al T1 di Malpensa).
Anche Fratelli La Bufala si comporta bene, avendo chiuso il 2022 con un fatturato di 25 milioni e puntando per il 2023-2024 a un 30% di crescita. In più, dopo una sperimentazione positiva a Roma, si appresta al lancio di una linea tutta dedicata al gluten free.
L’ultima apertura de L’Antica Pizzeria Da Michele è stata a Pompei, quarta sede campana.
Il Crazy Pizza di Briatore continua a crescere e mira all’espansione in Medio Oriente con l’ultima apertura a Kuwait City.
Cocciuto a Milano ha aperto la sua quinta pizzeria che resta aperta tutto il giorno, anche per la colazione.
Andiamo all’estero. Pizza Hut ha inspiegabilmente chiuso sette sedi a New York. Considerata l’istanza di fallimento presentata nel 2020 dal suo più grande franchisee, NPC Internationals, che ha portato alla chiusura di 300 punti vendita, le preoccupazioni per il brand sono dietro l’angolo. Ma l’azienda ha calmato gli animi parlando di scelta strategica a causa di scarsi profitti.
Il Banco Santander finanzia la catena spagnola Grosso Napoletano che oggi conta 34 locali e punta a raggiungerne 80 entro il 2026, mirando anche al Portogallo.
La catena norvegese Peppes Pizza (onore al nome) si rimette in sesto dopo gli anni di declino della pandemia, con un fatturato di 508 milioni di corone nel 2022, (44.2 milioni di euro), un aumento del 23.30% rispetto all’anno precedente (ma ancora inferiore al 2019). “La pizza è ancora il piatto più mangiato in Norvegia, e noi occupiamo una grossa fetta di mercato”, dichiarano dall’azienda.
Le ultime da Domino’s 🀛
La pizza più economica al mondo si mangia in India: per contrastare l’inflazione Domino’s vende una pizza da 7 pollici con formaggio, basilico e prezzemolo a 49 rupie, ovvero 0.55€. La strategia invita i clienti meno abbienti ad avvicinarsi alla catena, in un paese che rappresenta un immenso mercato con i suoi 1.4 miliardi di persone.
General Motors interrompe la produzione della vettura elettrica Chevrolet Volt, ma prima dello stop Domino’s ha acquistato 1150 unità per ampliare il suo parco di auto elettriche per la consegna delle pizze, come parte del suo piano di raggiungimento emissioni zero entro il 2050.
A quanto pare, però, nell’ultimo trimestre il delivery della catena americana negli Stati Uniti è calato del 3-5%. Questo articolo di The Takeout fa il punto su tutte le innovazioni introdotte nel sistema per salvaguardarlo, dalla partnership con Uber al sistema pinpoint per consegnare le pizze anche in mezzo alla strada.
Pizza e AI 🤖
La catena texana di pizza buffet Cicis Pizza sta sperimentando post sui social media creati usando Midjourney e ChatGPT4.
Il Consorzio della Mozzarella di Bufala DOP ha lasciato creare un numero della sua rivista Bufala News Magazine tutto a ChatGPT4.
Dall’Italia 🇮🇹
La giunta comunale di Napoli ha messo un bando di tre anni all’apertura di nuove attività ristorative (pizzerie, ristoranti, fast food, rosticcerie, bar) all’interno del centro storico, per preservare l’area di interesse culturale e monumentale - Patrimonio Unesco - dall’abuso di attività aperte solo per lucrare sull’incremento del turismo.
A Roma ha aperto Incantum, una pizzeria a tema Harry Potter.
Dopo i vari trofei per pizza acrobatica Nicola Matarazzo ora conquista anche il Guinness dei Primati per essere il pizzaiolo più veloce a chiudere 50 cartoni di pizza. Questo tipo di record è stato aggiudicato per la prima volta, come riporta il sito ufficiale dei record.
Nico Acampora di PizzAut è stato insignito del Premio Artusi 2023 a Forlimpopoli per l’impegno sociale della sua pizzeria gestita da personale autistico.
Dagli States 🇺🇸
La pizzeria Barboncino di New York ha creato un sindacato di lavoratori dopo numerose lamentele delle pessime condizioni di lavoro. È la prima pizzeria della città ad avere uno staff sindacalizzato, supportato da Workers United, lo stesso collettivo che ha gestito gli scioperi dei lavoratori di Starbucks (tra l’altro, per saperne di più sulle proteste contro il colosso del caffè americano, vi consiglio la newsletter Boss Barista di Ashley Rodriguez: la trovate anche tra le mie raccomandazioni).
Slice, piattaforma statunitense che gestisce gli ordini online di numerose pizzerie, ha messo un annuncio di lavoro per un pizza influencer su New York. Con una paga allucinante: fino a 110.000$ l’anno. A dirla tutta, la brand awareness generata dalla marea di articoli usciti in proposito vale molto di più la cifra stanziata per il salario di questa figura. Ottima mossa di marketing!
Sai perché non si avanzano mai i cornicioni della pizza? Perché sopra ci lasci il tuo DNA. E può succederti che li usino per collegarti a un omicidio. Come è accaduto al serial killer di Long Island, che tra il 1996 e il 2010 ha ucciso 16 persone, e che è finalmente stato arrestato dopo oltre un decennio proprio grazie a degli avanzi di pizza da lui lasciati nella spazzatura. La ricostruzione della CNN qui.
Il graffitaro della pizza colpisce ancora: questa volta ha lasciato il suo segno sul muro della pizzeria Pizza Barns a Yonkers, la decima che ha colpito nel distretto di Westchester. Il proprietario non si è detto dispiaciuto, e ai clienti piace il disegno.
Si parla dell’espansione della pizza di Bonci a Chicago (città dove è presenta l’unica sede estera di una pizzeria a suo nome).
Il magazine Pizza Today ha conferito il titolo di pizzeria dell’anno 2023 a Modern Apizza, una delle pizzerie storiche degli Stati Uniti, datata 1934, e situata a New Haven, Connecticut.
Slice Out of Hunger, l’ente benefico creato da Scott Wiener, promuove una campagna con le pizzerie del paese per donare il 15% del loro fatturato a favore delle vittime dei devastanti incendi sull’isola di Maui, nelle Hawaii.
Dal mondo 🌏
In Germania Dr. Oetker (da noi conosciuta come Cameo) venderà a settembre, per un periodo limitato, una pizza surgelata ispirata a un pesce d’aprile del 2021 del cartoonist Ralph Rute: pizza con kebab vegano. Ma la vera novità è la pizza ispirata a una pizza di tradizione tutta italiana: la wurstel e patatine. Chiamata proprio così (vedi foto in apertura) e venduta a tempo indeterminato. Con i tedeschi che sono già in rivolta.
In Brasile Pizza Hut partecipa a un fondo di investimento per l’educazione professionale dei giovani delle periferie disagiate di San Paolo, mirando alla formazione di 700 ragazzi dai 15 ai 29 anni nel giro di quattro anni.
In Giappone la catena Aoki’s Pizza ha lanciato la Ice Cream Fondue pizza: una pizza bizzarra con un cono vulcanico di gelato al centro, dove intingere il resto della pizza… che però presenta classici condimenti salati come i pepperoni e i funghi!
La catena inglese Pizza Express ha annunciato di aver assunto, nella sede della cittadina di Kings Lynn, il suo primo “Head of Flair”. Non ho la minima idea di cosa sia, a leggere le prime righe dell’articolo sembra sia un brand ambassador, ma poi le cose si fanno confuse quando si parla di “art of flairing” che serve a stendere bene l’impasto senza creare bolle d’aria, ma poi è anche “presentazione di se stessi e personalità”… A me sembra tutto sommato una bella supercazzola.
EVENTI E INCONTRI
Italia
A Bergamo si terrà la X edizione del Food Film Fest, festival dedicato a corti e film sul tema del cibo. Nel programma c’è anche un corto che parte da un cartone della pizza. Dal 24 al 28 agosto.
Ogliastro Marina sarà la sede della prima Festa della Pizza e del Panuozzo, dall’1 al 3 settembre.
A Sant’Ambrogio di Torino torna il Pizza Festival, dall’8 al 10 settembre.
A Milano The Sound of Pizza è il festival che si terrà al Circolo Magnolia il 23 e 24 settembre.
Confermata l’edizione del 2023 del Pizza Up, che si terrà nuovamente a Milano il 6 e 7 novembre.
Mondo
A Chicago Ritorna il Pizza City Fest organizzato da Steve Dolinsky per il 26 e 27 agosto.
Sono in vendita i biglietti per il primo One Bite Pizza Festival a New York il 23 settembre (un giorno forse scriverò una newsletter per raccontare chi è il creatore di questo festival e perché non mi sognerei mai di dargli soldi per partecipare al suo evento… se ti va di saperlo, scrivimelo nei commenti).
Sono già aperte le iscrizioni per il Canadian Pizza Summit che si terrà a Toronto il 30 ottobre.
Vuoi segnalarmi un evento di pizza? Scrivimi.
PIZZA CULTURA: SPECIALE CINEMA
Il legame tra pizza e film e serie televisive è decennale (ci avevo dedicato una volta una serie sul mio gruppo Facebook Pizza Social… magari un giorno la riprendo in questa newsletter), e nell’ultimo periodo si è espresso in diverse forme.
Barbie. In occasione dell’uscita in contemporanea mondiale del film con Margot Robbie, che si è caratterizzato per una campagna di marketing stratosferica, numerose in tutte il mondo sono state le pizzerie che hanno dedicato una pizza rosa alla mitica bambola. Per una volta, però, c’è chi il trend non lo ha cavalcato, ma lo ha anticipato: il nostro Gino Sorbillo aveva già creato una pizza Barbie in collaborazione con la Mattel cinque anni fa, e per l’occasione l’ha rispolverata nei suoi menù.
Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutant Mayhem. L’ultimo film delle Tartarughe Ninja ha scatenato una serie di partnership in giro per il mondo. Microsoft ha lanciato un controller per l’X-Box che odora di pizza. In Francia il trailer è stato trasmesso nei cinema 4D che hanno rilasciato odore di pizza nelle sale. In Brasile Pizza Hut ha lanciato la pizza Pepperoninja, mentre nei supermercati tedeschi si sono visti cartoni per la pizza surgelata con le immagini delle tartarughe nel formato animato anni ‘80 che le ha rese popolari. E a proposito: Pizza Hut ha pagato un notevole product placement per figurare come pizza di riferimento delle tartarughe mutanti. Ma nel primo film live action degli anni ‘90 la loro scelta ricadde su Domino’s.
Attack on Titan. In occasione dell’annuncio della stagione finale definitiva dell’anime più popolare degli ultimi dieci anni, prevista per questo autunno, Pizza Hut (che in questa newsletter si sta contendendo lo spazio con Domino’s) ha trasformato un intero punto vendita di Taipei in uno store dedicato alla serie. Non solo: per il mese di agosto ha lanciato una pizza in edizione limitata che riprende i connotati del Gigante Colossale con un’intelligente disposizione di diversi ingredienti.
E PER CHIUDERE (FINALMENTE…)
Che ci fa Roger Federer in una pizzeria di New York? È il protagonista di una campagna del brand di abbigliamento UNIQLO chiamata 24 Hours with Roger. Nel secondo episodio il tennista va a mangiare da Scarr, nel Lower East Side, una pizza cucinata dal patron Scarr Pimentel, pizzaiolo formatosi alla storica pizzeria Lombardi’s. Momento topico: Federer che provoca il newyorchese chiedendogli se deve mangiare la pizza con coltello e forchetta (un tabù da quelle parti).
Ehi, ehi, ehi, non andare via! Se ti è piaciuta la newsletter lascia un cuoricino. Se non ti è piaciuta, scrivimi nei commenti perché. Vabbe’, fallo anche se ti è piaciuta. No, davvero, ci tengo: non tenerti tutto dentro per te, questi pezzi li condivido anche per sapere cosa ne pensi. E se hai amici appassionati di pizza fagliela conoscere.
Questa newsletter vuole anche essere un progetto collettivo. Se ti va di partecipare con un contributo scrivi pure a info@pizzadixit.com (e magari lascia anche un commento qui sotto, così sicuro non mi perdo la mail).
Grazie di aver letto fin qui.
Giuseppe A. D’Angelo: scrivo di pizza dal 2015 sul mio blog Pizza DIXIT e anche altrove. Dal 2021 conduco un podcast chiamato Che Pizza assieme al suo creatore Simon Cittati. Ho un gruppo Facebook chiamato Pizza Social. Nella vita mangio anche altro.
Più che un commento vero e proprio mi piacerebbe dare una chiave di lettura "laterale" alle due questioni da te affrontate....
Riguardo la proliferazione di youtuber che si sono improvvisati granmaestri devo dire che è un fenomeno innegabile, che non ha riguardato solo la pizza ma molti ambiti (per esempio il tagliarsi i capelli da soli).
Occorre dire che la pizza fatta in casa è una pratica atavica; da sempre abbiamo (io e famiglia) dovuto fronteggiare inviti con frasi del tipo "vi va di vederci a casa nostra per una pizza?" per poi scoprire che "io la pizza la faccio in casa, senza sale, senza strutto, senza lievito, senza ........., non come quelle schifezze che vendono!", e tu lì a mangiarti una pizza magicamente cruda e carbonizzata insieme fingendo che sia gustosa..... La pandemia ha solamente dato visibilità a questa cosa, amplificandola e legittimando i pizzaioli/e casalinghi/e. Credo che sia a questo esercito di dilettanti allo sbaraglio che il gambero si riferisca... che poi anche creator con competenze professionali si sia cimentato sui social è un dato di fatto ma si tratta di un diverso tipo di contenuto. Questo vale per qualunque ambito dove trovi chi condivide sapere (tipo Bressanini per fare un esempio che conosci) e chi si improvvisa (tipo quello che dice di sturare il lavandino con aceto e bicarbonato).
Riguardo il secondo tema, d'istinto sarei anche io indignato per gli stessi motivi da te descritti, però a freddo propongo la seguente chiave di lettura: il sito non è italiano e il target non sono gli italiani, tantomeno i campani.... siamo davvero sicuri che tra i loro lettori la reggia è conosciuta? che Caserta sia un nome che ispira altro oltre ad un punto interrogativo in testa? Il taglio dato al pezzo è probabilmente voluto e mirato ad un pubblico che effettivamente non conosce quel posto.... e, al di là dei numeri che citi, credo davvero che un'ampia fetta di persone non ne abbia mai sentito parlare e alle quali un elenco di pizzaioli, oltre ai due più rappresentativi, aggiungerebbe poco. Come "uomini di movimento" siamo abituati a dare per scontato che la massa conosce i posti di maggior interesse ma non è così.... prova a fare un esercizio: chiedi a un tot di persone a caso se conoscono Neuschwanstein e vediamo quanti ti rispondono correttamente....
In definitiva la descrizione che viene fatta di Caserta è ampiamente positiva e sicuramente può fungere da stimolo per chi appunto non la conosceva.
Articolo meraviglioso.
Sul Gambero, io invece ultimamente ne sto apprezzando le uscite in completa controtendenza con tutte le marchette dei vari giornalisti e influencer che vanno nei posti su invito delle agenzie, e che per questo non sanno più trovare le parole per fare critica gastronomica ma si limitano al “meravigliosisimo” stucchevole dei social media, poco consono però al giornalismo.