Di forni proibiti e pizze ritrovate
e come il giornalismo faccia di tutto per rovinare la narrazione
Sai cos’è una perlenka? È il motivo per cui sono stato assente dalla newsletter per qualche settimana (in realtà ce n’è più di uno, ma non sto qui a raccontarti la storia della mia vita).
Sono tornato per una decina di giorni a Bansko, città di montagna bulgara a un paio d’ore da Sofia, dove già avevo trascorso un mesetto un paio d’anni fa. La perlenka (o parlenka) è un po’ il simbolo delle serata passate a cenare fuori con amici: si tratta di una focaccia condita in vari modi, generalmente con aglio e olio, semplice burro o anche con formaggio locale, che ti arriva rigorosamente già tagliata in quattro da dividere con gli altri commensali. Teoricamente servirebbe per “soppontare” lo stomaco in attesa del resto, senonché da quelle parti non esiste una vera e propria cultura di antipasti e primi piatti, e tutto quello che ordini ti arriva appena è pronto, certe volte anche tutto assieme. Una tavola imbandita mette allegria!
Non ho mai visto una perlenka uguale all’altra, tanto è vero che dalle foto qui sopra se ne vedono un paio ovali, ma generalmente è circolare. Non tutte hanno un aspetto davvero appetitoso (e guarda caso, quando mi sono arrivate quelle belle tonde e con la quadratura della cottura al grill ho sempre scordato di fotografarle, ma qualcosa mi dice che fossero troppo perfette per essere artigianali). Eppure asservono tutte allo scopo di godere della compagnia della tavola.
Basta ricordi bulgari, direi che è il caso di cominciare. Recuperare tre settimane di eventi e letture arretrate sulla pizza è quasi impossibile, quindi mi concentro sulle notizie che più hanno scosso il mondo dell’arte bianca da quando sono desaparecido.
LA LEGGE CONTRO I FORNI A CARBONE DI NEW YORK: UN ATTACCO ALLA TRADIZIONE?
A fine giugno ha fatto discutere la proposta di legge che imporrebbe alle pizzerie di New York che operano con un forno a carbone o a legna di installare uno “scrubber”, un abbattitore di sostante inquinanti nei fumi, per ridurre le emissioni di carbone del 75%.
Secondo un “reportage esclusivo” del NY Post, dai classici toni allarmistici tipici della testata, la legge ha causato numerose proteste tra i pizzaioli che lamentano il fatto di sborsare 20.000$ per ammodernare un impianto, e che questo avrà un impatto sul loro business (ovviamente, il costo verrebbe ricaricato sul prezzo delle pizze). Per non parlare di quelli che si sono lamentati che questa modifica avrebbe cambiato il gusto della loro pizza, che non godrebbe più dell’effetto dell’affumicatura (ebbene sì, anche da quelle parti si dà credito a questa fesseria).
Ma il sempre ottimo Scott Wiener ci spiega che si tratta di una legge che è in vigore già dal 2015 - che guarda caso, l’articolo del NY Post non menziona - tanto è vero che molte delle vecchie pizzerie di New York hanno già adeguato i propri impianti, e chi ha installato un forno a partire da quell’anno lo ha fatto mettendosi già in regola. La legge quindi riguarda molte delle pizzerie storiche di New York, che sappiamo hanno cominciato ad operare a carbone prima ancora che a legna, anche se poi i forni a gas hanno preso il sopravvento (per saperne di più, vi invito a leggere questo pezzo sul mio blog).
Chi è rimasto indietro evidentemente lo ha fatto perché non c’era stata ancora un’applicazione obbligatoria della legge, che però dovrebbe avvenire a breve, il 27 luglio. E chiaramente, quando fai lo gnorri per tanto tempo e poi ti trovi costretto a cacciare di botto una somma cospicua, non lo fai in silenzio, e speri che il tuo schiamazzo possa portare a qualche cambiamento o a una mobilitazione contro il legislatore.
Nonostante le proteste, imprenditori più assennati si sono invece espressi senza troppe rimostranze. Paul Giannone, della pizzeria Paulie Gee’s, ha dichiarato che sì, installare e fare manutenzione allo scrubber è stata per lui una spesa importante, ma “non ha cambiato per niente il sapore della mia pizza. Chi afferma una cosa del genere sta solo cercando di non sborsare 20.000$”. Anche perché, presupponendo pure che i fumi conferiscano un sapore particolare alla pizza, la depurazione dei fumi da parte dello scrubber avviene nella parte alta della canna fumaria, e non certo nel forno.
EDIT: esattamente 10 minuti dopo aver inviato la newsletter sono incappato in quest’altro approfondimento della newsletter Heated su Substack, che si occupa di cambiamento climatico. Il pezzo dimostra come la notizia sia rimbalzata su vari giornali di destra - come è, appunto, il NY Post - che hanno fatto di tutto per far credere che si trattasse di un attacco alla tradizione da parte degli attivisti climatici. Quando in realtà si tratta di una legge anti-inquinamento, perché gli scrubber non riducono le emissioni di carbone (come ho anche io scritto erroneamente sopra), ma di particolato, che è ben altra cosa. Consiglio vivamente la lettura qui sotto.
POMPEI: COME SMINUIRE UN RITROVAMENTO
Anche a chi di pizza non gliene frega niente deve per forza essere arrivata alle orecchie la notizia del ritrovamento di un affresco a Pompei di una natura morta, raffigurante un possibile antenato della pizza.
In questo video il direttore di Pompei Gabriel Zuchtriegel racconta il ritrovamento effettuato nell’insula 10 della Regio IX, accompagnato da una nota approfondita che si apre dicendo “Sembra una pizza, quello che si vede su un dipinto pompeiano di 2000 anni fa, ma ovviamente non lo può essere, a rigore, dato che mancavano alcuni degli ingredienti più caratteristici, ovvero pomodori e mozzarella”.
Naturalmente la compostezza del ricercatore non è bastata per fermare legioni di articoli clickbait, in cui qualcuno si è persino azzardato a scrivere nel titolo che la focaccia presenta “un frutto che sembra essere ananas”. Duemila anni fa! Cosa non si fa per attrarre una manciata di lettori.
Ci sono alcune considerazioni che vorrei fare in merito a questa vicenda:
Che non fosse una pizza lo si capisce benissimo, ma non certo perché mancano pomodoro e mozzarella. Non sono mai stati gli ingredienti a determinare la connotazione di una pizza, quanto il fatto che questi vengano apposti sopra l’impasto prima della cottura (a differenza della focaccia, che invece viene prima cotta e poi guarnita). Tanto è vero che a Napoli si sfornavano pizze ben prima dell’arrivo del pomodoro dalle Americhe, con la Mastunicola a fare da capofila.
Tristissimo che la comunicazione sia ruotata tutta attorno alla questione della proto-pizza, quando si tratta a mio modesto - e da non studioso - parere di un ritrovamento straordinario sia per il suo stato di conservazione, che per quello che può raccontarci sulle usanze dell’epoca. La cartella stampa di Pompei ci racconta infatti che si tratta di una xenia, ovvero un’immagine dei doni ospitali di origine ellenica, di cui si hanno almeno 300 raffigurazioni provenienti dalle città vesuviane.
Gino Sorbillo che prima viene interpellato sulla questione, e poi come al solito cavalca l’onda e ricrea la pizza invitando addirittura Zuchtriegel a farla con lui, è quella certezza di cui hai bisogno nella vita: se si parla di pizza, lui ci dev’essere! (e a dirla tutta, non è neanche l’unico ad aver fatto la pensata).
In tutto questo, l’articolo più interessante che ho letto è quello dell’archeologa e food writer Farrel Monaco, che ci spiega l’importanza di questo affresco: ci permette infatti di collocare un’abitudine greca - descritta anche nell’Eneide - all’interno del mondo romano. Quella di utilizzare queste sorte di “ciotole di impasto” per contenere altro cibo da offrire agli ospiti. Si tratta infatti di focacce dal bordo molto rialzato, in cui si raccoglieva generalmente un coulis di frutta: i greci le chiamavano nastos, i romani adorea (adoreum al singolare). Una focaccia dall’aspetto simile è presente in un altro affresco di Pompei, e sue versioni in terracotta sono presenti nel museo di Paestum.
LA PIZZA FA NOTIZIA
Selezione di news sulla pizza dall’Italia e dal mondo
L’offerta del Museo Ferroviario di Pietrarsa si arricchisce con l’inserimento di una pizzeria curata da Ciro Coccia. La pizzeria è aperta solo su prenotazione su due turni, dal giovedì alla domenica. La prenotazione dà accesso al museo, aperto giovedì e domenica fino a mezzanotte, e venerdì e sabato fino a l’una. Per chi non lo sapesse, il Museo di Pietrarsa si trova all’estrema periferia orientale di Napoli all’incrocio con Portici e San Giorgio a Cremano, ed è tra i musei ferroviari più importanti d’Europa. Racconta la storia (e il declino) delle officine Borboniche che per tanto tempo furono all’avanguardia nella produzione di locomotive, e ospita esemplari originali di tutti i treni che hanno attraversato l’Italia in oltre un secolo e mezzo di storia.
Alice Pizza punta ai 210 punti vendita entro la fine del 2023 e progetta anche piani di espansione all’estero.
Domino’s consegna la pizza al festival musicale di Glastonsbury tramite un jet-pack (una tecnologia, giusto per ricordarlo, che esiste ma è ancora ai limiti della fantascienza).
Per festeggiare il weekend del Canada Day la catena Pizza Pizza si inventa la pizza anti-zanzare. Gli ingredienti? Aglio, pomodoro, peperoncini piccanti e cipolla.
LETTURE INTERESSANTI
Qui e là dal web, ma non solo
Da qualche tempo, il network Today.it ha aperto una sezione dedicata al Cibo sotto la direzione di Massimiliano Tonelli, che sto seguendo con molto piacere. Anche se la tendenza generale è sempre quella di usare titoli e contenuti che attirino l’attenzione mainstream, ho letto pezzi molto interessanti denotati da un certo guizzo, che dimostrano la bravura dei professionisti che compongono la squadra.
Ultimanete sono uscite una serie di storie sulla pizza che voglio condividere:
La pizzeria di Palermo che usa il pescato del giorno preso direttamente dai pescherecci di zona, di Alice Caccamo.
La pizzeria di Roma che usa ingredienti degli orti urbani della capitale, di Francesca Demirgian.
La focaccia genovese spiegata bene, di Davide Merlo.
NEWSLETTER E CIBO
Sto facendo davvero una bella collezione di newsletter italiane sul cibo, e mentre molte si trovano al di fuori di Substack, altre sembrano aggiungersi sempre di più a questa piattaforma.
Tra le più recenti Commestibile, di Roberta Abate, giornalista, ex direttrice di Munchies ed ex vice-direttrice di Vice in Italia. La newsletter è stata lanciata a fine maggio, e al momento conta solo pochi numeri, ma già si intravedono argomenti interessanti e controversi, come “Chi paga la cena al giornalista gastronomico” e il divario salariale di genere nella ristorazione.
La newsletter è ora tra le mie raccomandazioni.
Ehi, ehi, ehi, non andare via! Se ti è piaciuta la newsletter lascia un cuoricino. Se non ti è piaciuta, scrivimi nei commenti perché. Vabbè, fallo anche se ti è piaciuta. No, davvero, ci tengo: non tenerti tutto dentro per te, questi pezzi li condivido anche per sapere cosa ne pensi. E se hai amici appassionati di pizza fagliela conoscere.
Questa newsletter vuole anche essere un progetto collettivo. Se ti va di partecipare con un contributo scrivi pure a info@pizzadixit.com (e magari lascia anche un commento qui sotto, così sicuro non mi perdo la mail).
Grazie di aver letto fin qui.
Giuseppe A. D’Angelo: scrivo di pizza dal 2015 sul mio blog Pizza DIXIT e anche altrove. Dal 2021 conduco un podcast chiamato Che Pizza assieme al suo creatore Simon Cittati. Ho un gruppo Facebook chiamato Pizza Social. Nella vita mangio anche altro.
Super interessante la tua newsletter sulla pizza. Grazie della raccomandazione ;-)
Voglio assaggiare la perlenka #lepizzedeglialtri (e complimenti per la sempre ottima newsletter)