Ciao, sono Peppe, e ritengo che la pizza sia un ottimo veicolo per parlare di tanti altri argomenti. Senza di essa non saprei affrontarli in altro modo. Se la pensi come me, e sei qui solo di passaggio, prova a unirti alle altre 280 persone che leggono questa newsletter. Magari ti piace e resti con noi, alla peggio ti cancelli.
Nel numero di dicembre scorso del magazine di Pizza & Pasta Italiana Giusy Ferraina ha pubblicato un bell’articolo intitolato Pizza Haters, in cui ha trattato degli attacchi social ai pizzaioli. Fui molto contento quando mi contattò per chiedermi suggerimenti su professionisti da coinvolgere nella stesura del pezzo, perché è un tema che mi sta a cuore e che ho trattato più volte nel gruppo Facebook Pizza Social, che è stato attivo per quattro anni belli intensi e che poi ho messo in standby a fine anno scorso.
[Trovi tutti i link ai pezzi e post citati al termine di questa newsletter]
Senza saperlo, Giusy aveva anticipato di poco la terribile tragedia che ha coinvolto Giovanna Pedretti, titolare della pizzeria “Le Vignole” di Sant’Angelo Lodigiano, che si è suicidata in seguito a una shitstorm ricevuta dopo che la veridicità di una recensione abilista pubblicata sul suo profilo è stata messa in dubbio dal food blogger Lorenzo Biagiarelli. Non potremo mai sapere quanto i due fatti siano collegati, ma allo stesso tempo fiumi di inchiostro sono stati versati sulla responsabilità delle parole d’odio nei confronti della ristoratrice.
È drammatico che il tema dell’hating social abbia occupato tale spazio di rilevanza nel momento in cui qualcuno abbia deciso di compiere un gesto estremo. Non scopriamo certo oggi che la pratica degli attacchi d’odio indirizzati a singole persone risalga ancora a prima dell’invenzione di queste piattaforme. È un tema delicato da affrontare, senza scadere in facili banalità.
È significativo che l’episodio abbia coinvolto una ristoratrice, rappresentante di una categoria che ormai da anni è al centro delle nostre attenzioni. Ma la Pedretti era una persona “normale”, non certo uno di quei profili mediatico che sono esposti in maniera tale che è inevitabile che nella marea di follower catturino anche i commenti di tanti hater. Di personaggi così il panorama food ne è pieno: professionisti dal carisma e la presenza scenica dominante che comunicano in maniera istrionica e volutamente esagerata. E che all’apparenza sono in grado di sostenere tutte le critiche, spesso tremende, che certi loro atteggiamenti possono suscitare.
Qui si fa l’errore di pensare che queste persone abbiano le spalle larghe per definizione. Il fatto stesso di avere una presenza così ingombrante che li porta ad accumulare tanti seguaci giustificherebbe anche tutto il male che ne deriva. L’obiezione più comune a chi fa notare che certi commenti sotto i loro post andrebbero evitati è che “se ti esponi in pubblico te lo devi anche aspettare”.
Come se le critiche avessero tutte lo stesso peso, e non ci fosse differenza tra un commento sarcastico, un’opinione negativa e un insulto vero e proprio. Sei lì, ti prendi tutto, il bello e il brutto. E non ti devi lamentare. Un alibi che giustifica qualsiasi tipo di nefandezza scritta sotto un post e che ci permette di non tenere in minima considerazione l’impatto emotivo che può avere sulla persona che riceve il commento. Solo perché magari la vediamo fare sempre il Pulcinella, dobbiamo aspettarci che prenda bastonate.
Peccato che non tutti cerchino questo genere di attenzioni. Se è vero che ci sono personalità che sanno bene a cosa vanno incontro e, anzi, cavalcano l’onda per costruirsi personaggi dal chiaro intento provocatorio; altri invece si espongono con tutta l’innocenza del caso, pensando solo di fare del bene alla propria attività. Ma basta poco per rivelare la loro fragilità.
Qualche tempo fa il pizzaiolo campano Ferdinando Simeoli decise di pubblicare un video in cui mostrava una nuova tecnica di impasto chiamata “lievitazione armonica”, che si basava sulle ricerche sulla memoria dell’acqua di Masaru Emoto. Teoria discutibile, certo, ma che non ha mancato di renderlo immediatamente oggetto di scherno da più parti, tanto da fargli rimuovere il video dal suo profilo in meno di un giorno. La sparizione di quel video da sola mi fece percepire a distanza tutto l’imbarazzo provato da qualcuno che era diventato lo zimbello di dozzine di persone. Il guaio è che tra queste c’erano anche numerosi colleghi che si espressero con commenti che andavano dal sarcastico al dileggio vero e proprio. Cosa che all’epoca mi fece arrabbiare non poco: perché può anche essere comprensibile quando gli attacchi arrivano dalla clientela, ma quando vengono mossi dai rappresentanti della tua stessa categoria lo trovo eticamente riprovevole (ci torniamo).
Il guaio è che spesso queste polemiche trovano spazio sulle testate (food o generaliste, a seconda della portata della shitstorm), che non mancano di cavalcarle per portare traffico alle loro pagine, alimentandole ulteriormente. Numerose sono le occasioni mancate: mai una volta che avessi visto una testata partire da un episodio per prendere posizione sul bullismo online. La prassi è sempre quella di limitarsi a raccontare i fatti - che di base notizie non sono - incorporando i video incriminati comodamente riproducibili dal loro sito per aumentare il tempo di permanenza sulla pagina. Un esempio recente è il caso di Vincenzo Capuano che aveva infuriato molte persone con la sua pizza all’anguria, panna e kiwi.
Fin qui tutto tristemente normale, se non fosse che molte volte sono spesso le stesse testate ad aggiungerci il carico da novanta, con titoli che lasciano poco spazio all’interpretazione. Per tornare a Capuano, una recensione della sua pizzeria sul sito Puntarella Rossa titola “Vincenzo Capuano a Milano e quelle forbici ridicole per tagliare la pizza”: decisamente un’opinione rilevante per chi vuole sapere come si mangia nel locale.
Ma anche una testata riconosciuta come autorevole come il Gambero Rosso non si tira indietro. Per parlare dell’apertura a Milano della salumeria Con mollica o senza, il format di Donato De Caprio viene bollato come “idea cretina ma geniale” già dal titolo. Assunto ripetuto anche nel testo. Un pezzo però che riesce allo stesso tempo a offendere De Caprio, ma anche gli ex titolari che non avevano creduti in lui. Cito:
Il premio ai titolari meno lungimiranti del mondo […] il Leone d’oro all’incomprensione, l’Oscar all’ottusità, il Nobel alla povertà di spirito, va ai responsabili del locale napoletano dove un allora poco conosciuto Donato Di Caprio girava dei video con il telefonino mentre preparava panini.
(ci si potrebbe vedere un pattern di anti-meridionalismo in questi pezzi, ma lasciamo stare…)
Questo genere di bullismo non è per niente solo verticale, dal basso verso l’alto. Ma anche orizzontale, da professionista a professionista, come abbiamo già visto. E la stessa categoria dei giornalisti ne è notoriamente vittima e colpevole allo stesso tempo. Le diatribe tra colleghi - via email o social - prendono spesso ampi spazi sulle stesse testate per cui scrivono, a colpi di botta e risposta con toni spesso non proprio edificanti.
Altre volte gli attacchi sono monodirezionali. Un altro esempio recente è quello del critico gastronomico mascherato Valerio M. Visintin, noto per non mandarle a dire, che ha costruito un intero video di dissing di cinque minuti per accusare la collega Margot Schachter di venire meno alla deontologia professionale per aver posato di fronte a un manifesto pubblicitario. Ci sarebbe da considerare quale tipo di deontologia porti un giornalista a lanciare invettive contro i colleghi dietro la protezione di un passamontagna, laddove tutti gli altri ci mettono la faccia anche quando devono subire critiche al loro operato (la stessa Schachter ha difeso la propria reputazione con un video sul suo profilo dal tono garbato e ironico).
Non ci tengo a fare il moralista. Sarebbe ipocrita da parte mia: io stesso in passato ho scritto commenti pesantemente sarcastici o articoli al vetriolo nei confronti di enti o persone. Anche se non sono mai scaduto nell’insulto diretto, e anche se non ho certo una platea tale da smuovere le azioni delle persone, porto comunque il peso della responsabilità delle mie parole, perché lo portiamo tutti. Ed è chiaro che farsi un’analisi di coscienza non presuppone automaticamente che non sbaglierò ulteriormente in futuro. Ma invitare alla riflessione sicuramente ci aiuterà a migliorare le nostre conversazioni. Fammi sapere cosa ne pensi.
LA PUNTATA DI CHE PIZZA - IL PODCAST DI QUESTA SETTIMANA
Di bullismo online, ma non solo, abbiamo parlato con Roberto Susta, pizzaiolo di Volla, comune alle porte di Napoli, conosciuto per essere l’inventore di un classico moderno, la pizza Fiocco.
Roberto ha una presenza social decisamente peculiare, e si è costruito un personaggio irriverente che gli ha attirato le antipatie di numerose persone. Una strategia social, per sua stessa ammissione, basata sulla provocazione e che a un occhio superficiale fa perdere di vista le sue competenze professionali e la sua intelligenza.
Ciò non toglie che anche Roberto soffra attacchi e offese ricevute sia online che nella vita reale. Fu proprio lui a offrirci di trattare l’argomento, e molto volentieri lo abbiamo introdotto nella puntata. Ti lascio il player qua sotto per ascoltarla.
TUTTI I LINK DI RIFERIMENTO
Il numero di dicembre di Pizza & Pasta Italiana con l’articolo di Giusy Ferraina
La triste vicenda di Giovanna Pedretti
Il video della pizza con lievitazione armonica
Il dibattito che ne facemmo nel gruppo Pizza Social
La pizza all’anguria di Vincenzo Capuano
La recensione di Puntarella Rossa di Vincenzo Capuano a Milano
L’articolo del Gambero Rosso su Con mollica o senza
Il video di Visintin contro Margot Shachter
La difesa della Schachter
Un altro post nel gruppo Pizza Social in cui parlavo di bullismo tra giornalisti
E PER CHIUDERE IN SIMPATIA…
“Mamma, sono giocatori professionisti, sono abituati a certe cose, gli rimbalza”.
Come sempre, i Simpson la sapevano sempre più lunga.
Grazie di avermi letto.
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Mi chiamo Giuseppe A. D’Angelo, ma puoi chiamarmi Peppe: scrivo di pizza dal 2015 sul mio blog Pizza DIXIT e anche altrove. Dal 2021 conduco un podcast chiamato Che Pizza. Non faccio talk, non pubblico libri, non offro consulenze, non insegno in nessuna accademia: insomma, LinkedIn mi odierebbe.
Grazie, mi è piaciuto molto leggerti. Sono una giornalista e sono fortemente in polemica con l'ordine e critica verso l'atteggiamento di alcuni giornali di settore che distribuiscono bollini di qualità pure allo scottex. In Italia l'unico giornalista espulso dall'ordine per avere fatto telepromozioni fu Giletti. Adesso tutti fanno pubblicità alla qualunque ma va bene così. Nonostante la premessa, non giro per la rete seminando critiche qui e là, figuriamoci offese. Figurati mascherata (bravo, d'accordo con te: giù la maschera!). L'idea di pubblicare commenti sgradevoli e offensivi attiene in parte all'educazione di una persona, credo, e in parte discende da quel senso di "liberi tutti" (liberi di esprimersi senza collegare cervello e dita sulla tastiera) che viene dai social. Le critiche pubbliche da parte di un collega, il carico da 90 dei titoli di alcuni articoli non contemplano mai l'dea di mettersi al posto della persona sotto accusa ma semmai con la pratica vincente che per far fare clic bisogna andare giù pari, per farsi notare è bene mostrare i muscoli. Tu hai acceso una bella riflessione su un tema poco sentito fino al caso della povera signora Giovanna colpita troppo duramente da un sistema che vomita odio senza pensare alle conseguenze. Un abbraccio, Monica
A very thoughtful post, worth reading twice and carefully. I’ve often thought of myself as the victim in this space, when in fact we must all examine the part we play, if not as instigators and perpetuators, then as enablers.